Insieme alla collega Colosimo abbiamo scritto questa riflessione, pubblicata su Leggo.it, sul perché Zingaretti non voglia uscire dal commissariamento.
“C’è un’ottima notizia: abbiamo deliberato l’uscita dal commissariamento della sanità del Lazio a partire dal 31 dicembre 2018.” Lo disse nell’ormai lontano 1 dicembre 2017, l’ex ministra della Salute Beatrice Lorenzin in conferenza stampa con Nicola Zingaretti. “Oggi è una bella giornata per il Lazio, che dopo oltre dieci anni esce dal commissariamento della sanità. Un grande risultato per il Paese, che vuol dire maggiori cure e un sistema sanitario pubblico che va bene”. Questo lo ha detto invece Zingaretti più di due anni dopo, cioè il 29 gennaio 2020. Siamo arrivati a metà giugno e dell’uscita dal commissariamento della Regione Lazio non c’è più traccia. Silenzio assordante, non pervenuta. “A pensar male degli altri si fa peccato ma spesso ci si indovina, amava ripetere Giulio Andreotti – tuonano Massimiliano Maselli e Chiara Colosimo, consiglieri regionali di Fratelli d’Italia – e allora, e questo è il nostro pensiero ‘cattivo’, diciamo che Nicola Zingaretti non ha mai avuto alcun interesse ad accelerare l’uscita dal commissariamento, anzi l’esatto contrario. Preferisce frenare, ritardare o comunque non avere fretta perché essere Commissario ad acta della sanità laziale significa poter decidere tutto da solo, saltando a piè pari il consiglio regionale. E infatti il ruolo della commissione sanità è completamente svilito e ridotto a fare audizioni su audizioni, perché alla fine decide tutto sua ‘Maestà’ Zingaretti. La dimostrazione è un suo decreto del 9 giugno con cui ha accreditato l’ampliamento di 62 nuovi posti letto del Policlinico Universitario Campus- Biomedico di Roma. Ora, che questa struttura sia un’eccellenza e vada sostenuta, non c’è dubbio. Ma il punto è un altro. La riorganizzazione della rete ospedaliera, come lei ben sa, è un atto importantissimo perché interviene sulla programmazione sanitaria di una regione da qui ai prossimi anni e in quanto tale deve poter esser condivisa da tutte le forze politiche. Tanto è vero che se il commissariamento fosse finito, la delibera sul Campus Biomedico sarebbe stata discussa prima nella commissione competente e poi in consiglio regionale. Allora si capisce il perché Zingaretti non molli l’osso e non abbia alcuna fretta nel voler uscire dal commissariamento, e nelle more della nuova riorganizzazione della rete ospedaliera decida di sostenere una struttura ospedaliera anziché un’altra. E siccome l’appetito vien mangiando, non vorremmo che con l’approvazione del Mes (che prevede ingenti risorse da destinare alla sanità e a cui, guarda caso, Zingaretti è favorevole) l’uscita dal commissariamento cadesse nel nulla. La tentazione di gestire da solo la sanità laziale potrebbe indurre Zingaretti, nonostante l’appello (stile Conte) a lavorare insieme rivolto all’opposizione durante un recente consiglio straordinario sulle mascherine , a proseguire così fino al termine della legislatura nel 2023. D’altronde è uno e trino, perché oltre a ricoprire il ruolo di commissario ad acta, è anche segretario nazionale del Pd e presidente della regione Lazio. Un fenomeno!
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